“Senza lasciare indietro nessuno. Lorenzo Milani. La giustizia è di questo mondo”.
È il titolo dell’appuntamento organizzato in occasione del 100° anniversario della nascita di don Lorenzo Milani, evento che ha avuto luogo venerdì 19 maggio alle ore 12:45-13:45, nella Sala Blu, PAD 2.
Insieme a Tomaso Montanari, saranno presenti Rosy Bindi e Daniele Rocchetti.
Gli eventi del Salone del libro proposti da UELCI (Unione editori librai cattolici italiani) e dall’Arcidiocesi di Torino desiderano far conoscere la testimonianza umana e cristiana di alcune figure, che hanno incarnato, ciascuno a proprio modo, il cammino proposto dal Vangelo.
Don Lorenzo Milani è una di queste. Prete, educatore, maestro, ha segnato generazioni di ragazzi per la sua dedizione affinché gli ultimi non restassero tali per sempre. Lo fece attraverso la conoscenza, la cultura e la parola.
Attraverso le pagine dei nostri libri...
Per approfondire questa tematica leggiamo questo breve passaggio di Michele Pellegrino, cardinale e arcivescovo di Torino dal 1965 al 1977, che partecipò all’ultima sessione del concilio Vaticano II. Nella sua lettera pastorale Camminare insieme del 1972, che abbiamo pubblicato nel libro Profezie per l’oggi, scrive queste righe ai cristiani torinesi.
Riconoscere secondo il vangelo il valore della povertà vuol dire rispettare e amare i poveri, mettersi dalla parte loro con una scelta preferenziale. Cristo, che è venuto a salvare tutti senza eccezione, ha proclamato beati i poveri e a essi ha riconosciuto il primato dell’annuncio della salvezza. “Lo Spirito del Signore … mi ha mandato a predicare ai poveri la buona notizia” (Lc 4,18). La chiesa non può fare altra scelta. Questa non è demagogia: è vangelo ...
Non si tratta di novità. La chiesa, spesso accusata, e non sempre a torto, di essersi messa dalla parte dei potenti, ha dato in ogni secolo splendida testimonianza evangelica, con la parola e con l’opera, di solidarietà verso i poveri e gli indifesi. Perché, dichiarava sant’Agostino, “siamo servi della chiesa del Signore e soprattutto delle membra più deboli”; perché, proclamava san Massimo di Torino, “è beata quella comunità … che, mentre pensa alle ricchezze eterne, cerca di allontanare dai fratelli la povertà temporale” …
Proprio perché l’ingiustizia domina troppo spesso nei rapporti sociali, la chiesa ... si sente solidale con gli oppressi e gli sfruttati e con quanti operano “per costruire nuovi rapporti di giustizia e di fraternità”.
Vale per tutta la chiesa ciò che scrivevano recentemente [nel 1971] i vescovi del Cile:
“La chiesa deve preoccuparsi di tutti perché la sua missione consiste nell’essere segno e strumento (cioè sacramento) dell’amore universale di Gesù Cristo che chiama tutti gli uomini a superare le frontiere reali di qualsiasi egoismo (di nazione, di razza, di partito, di ideologia) per rendere vera l’unità dell’unico popolo di Dio. Tuttavia, ciò che abbiamo detto precedentemente non impedisce che, con Gesù Cristo, la chiesa, con decisione e con tutto il cuore si consacri a servire di preferenza quelli che per lui sono stati e saranno sempre i prediletti: quelli che soffrono, i poveri, gli abbandonati, coloro che per tanto tempo sono vissuti in situazioni apertamente contrarie alla loro condizione e dignità di figli di Dio”.