“Il credente non serve la società, la cambia. Giovanni Minzoni. La libertà non teme nulla”.
È il titolo dell’appuntamento organizzato in occasione del 100° anniversario dell’uccisione di don Giovanni Minzoni, evento che ha avuto luogo oggi pomeriggio, lunedì 22 maggio alle ore 12:45 con Emma Fattorini, Alberto Melloni e Luca Rolandi.
Gli eventi del Salone del libro proposti da UELCI (Unione editori librai cattolici italiani) e dall’Arcidiocesi di Torino desiderano far conoscere la testimonianza umana e cristiana di alcune figure, che hanno incarnato, ciascuno a proprio modo, il cammino proposto dal Vangelo.
Don Giovanni Minzoni è una di queste. Prete sociale e attivo nello scoutismo, venne picchiato dalle squadracce fasciste che lo consideravano un pericolo per la loro ideologia.
Attraverso le pagine dei nostri libri...
Nel libro I cristiani di fronte alla guerra, incontriamo parole e testimonianze di cristiani che in vario modo hanno cercato vie di pace: dalle prime comunità cristiane ai cristiani di oggi.
Conosciamo il pensiero e l’esperienza di qualcuno di loro.
Clemente di Alessandria, padre della chiesa (ca 150-215).
Noi non veniamo educati in vista della guerra, ma della pace. Per la guerra occorrono grandi preparativi e il benessere richiede abbondanza; la pace e la carità, sorelle semplici e tranquille, non hanno bisogno di armi, né di preparativi dispendiosi; il Logos è il loro nutrimento, il Logos che ha il compito di mostrarci la via e di guidarci. Da lui impariamo la semplicità, la modestia e tutto l’amore per la libertà, per gli uomini e per il bene; in una parola, diventiamo simili a Dio grazie alla familiarità con la virtù. Lavora senza scoraggiarti. Diverrai quale non speri e quale non immaginavi. Come vi è un modo di vivere da filosofi, un altro da retori, un altro da lottatori, così vi è una nobile disposizione dell’anima, accordata a una libera volontà rivolta al bene, che viene dalla pedagogia di Cristo.
(Il pedagogo I,12,98)
Walter Hilton, monaco agostiniano (1340 ca-1396).
Non è affatto gran cosa vegliare o digiunare fino a farti venire il mal di testa e ammalarti, come non lo è il pellegrinare a piedi fino a Gerusalemme o a qualche altro santuario lontano, né il correre qua e là per predicare, come se dovessi convertire tutti. E non lo è neanche l’erigere cappelle e chiese, dar da mangiare agli affamati o costruire ospedali. La vera impresa è, per ogni uomo, quella di riuscire ad amare il prossimo nella carità e avere un discernimento tale da odiare il peccato e amare il peccatore … Soltanto una persona virtuosa può amare il proprio fratello in Cristo e odiare allo stesso tempo il suo peccato, e può riuscirci soltanto per grazia di Dio e non con le sue sole forze. Dice san Paolo: “L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito santo che ci è stato dato” (Rm 5,5). È quindi un dono estremamente prezioso, ma anche estremamente difficile da ottenere.
Se non senti alcun impulso d’ira o di antipatia manifesta nei confronti di una persona e non provi nel profondo del tuo cuore sentimenti di odio che ti spingono a sminuire, umiliare o disprezzare quella persona, allora sei nella perfetta carità nei suoi confronti. E se più quella persona ti umilia e ti danneggia con le parole e con i fatti, più senti dentro di te pietà e compassione per lei, comportandoti come faresti con uno che sia uscito di senno, allora dimori nella carità perfetta. Se per di più ti accorgi che non riesci a odiarla nel tuo cuore, sapendo che l’amore è sempre la cosa migliore, e preghi per lei, l’aiuti come puoi e desideri sinceramente il suo ravvedimento – non soltanto a parole, come fanno gli ipocriti, ma con caldo amore – allora sei nella carità perfetta con quella persona. Santo Stefano possedeva proprio questa carità perfetta quando pregava per coloro che lo lapidavano. E Cristo invita a questo tipo di carità tutti coloro che vogliono seguirlo quando dice: “Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano e pregate per i vostri persecutori e calunniatori” (Mt 5,44). Se quindi ti sta a cuore seguire Cristo, sforzati di imitarlo. Impara ad amare i tuoi nemici e i peccatori, perché tutti ti sono fratelli in Cristo.
(La scala della perfezione 65.70)
Annalena Tonelli, missionaria cattolica (1943-2003).
Ogni giorno noi lottiamo per comprendere e far comprendere che la colpa non è mai da una sola parte ma da ambedue le parti, noi ragioniamo insieme e ci sforziamo di vedere tutto quello che è positivo nell’altro, noi ci guardiamo in faccia, negli occhi perché vogliamo che si faccia la verità … I membri del mio staff hanno imparato a ridere dei propri limiti, delle proprie meschinità, della mentalità “monetaria”, della durezza del loro cuore, della sete di vendicarsi quando sono feriti: tutte cose, queste, che rendono così difficile il perdono … Io, da parte mia, da lunghi anni ho imparato o meglio ho capito nel profondo dell’essere che, quando c’è qualcosa che non va – incomprensioni, attacchi, ingiustizie, inimicizie, persecuzioni, divisioni – sicuramente la colpa è mia, sicuramente c’è qualcosa che io ho sbagliato.
Ai piedi di Dio, la ricerca della mia colpa è facile, non prende tempo, fa soffrire ma non poi così tanto, perché poi è così bello e grande riconoscersi colpevoli e combattere perché la colpa venga cancellata, perché i comportamenti sbagliati vengano riformati, perché in ogni relazione con gli altri l’approccio divenga positivo … Il nostro compito sulla terra è di far vivere. E la vita non è sicuramente la condanna, lo ius belli, l’accusa, la vendetta, il mettere il dito nella piaga, il rivelare gli sbagli, le colpe degli altri, il tenere nascosta invece la nostra colpa, l’impazienza, l’ira, la gelosia, l’invidia, la mancanza di speranza, la mancanza di fiducia nell’uomo. La vita è sperare sempre, sperare contro ogni speranza, buttarsi alle spalle le nostre miserie, non guardare alle miserie degli altri, credere che Dio c’è e che lui è un Dio d’amore.
(Testimonianza)