18/01/2023

L’unità dei cristiani è possibile?

Ciò che si rompe nella chiesa non è la sua unità, che rimane intatta, ma gli uomini che si separano tra di loro. Quanto più gli uomini sono vicini a Dio, tanto più sono vicini gli uni agli altri, e quanto più sono lontani da Dio, tanto più sono lontani gli uni dagli altri.

Santo sepolcro, Gerusalemme. Foto di shay cohen su Unsplash

Siamo onorati di pubblicare un breve intervento sul tema dell’unità dei cristiani dell’arcivescovo + Ioannis Spiteris, emerito della diocesi latina di Corfù, Zante e Cefalonia (Grecia), frutto della sua lunga esperienza nei contatti ecumenici, coltivati soprattutto con la chiesa ortodossa, a livello locale e non solo, durante gli anni del suo episcopato (2003-2020). Grande esperto dei padri della chiesa e della teologia ortodossa, e già professore presso diverse università pontificie (Lateranense, Gregoriana, Antonianum, Pontificio istituto orientale), l’autore è stato membro della commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la chiesa cattolica e la chiesa ortodossa ed è vice-presidente della Società biblica greca, l’unica associazione cristiana a composizione autenticamente ecumenica operante su territorio greco, che da oltre duecento anni promuove gli studi e la conoscenza della Bibbia.


Durante la visita di papa Francesco in Grecia e a Cipro, spesso si è sentito ripetere la domanda: “È possibile l’unità dei cristiani?”. A questa domanda così difficile cercheremo di dare una breve risposta. Già ne avevo scritto anni fa, per il quotidiano TO VIMA, che aveva posto la stessa domanda a cattolici e ortodossi.

La risposta a una simile domanda non può essere né un “sì” né un “no”, perché l’unità della chiesa, prima di tutto, non dipende dagli uomini, ma da Dio stesso. È un dono dello Spirito santo che è frutto della morte e resurrezione di Cristo, il quale ha pregato per essa nell’ultima cena:

Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano uno come noi; perché tutti siano uno, come tu, Padre, sei in me e io in te (Gv 17,20-21).

Gli sforzi degli uomini contribuiscono a mantenere e accrescere questa unità, che riguarda non solo le diverse confessioni cristiane, ma l’essenza stessa della chiesa. L’unità, infatti, è una componente essenziale della chiesa e un oggetto di fede. Ecco perché nel Credo confessiamo: “Io credo nella chiesa una, santa, cattolica e apostolica”.

Cosa divide la chiesa?

Ciò che si rompe nella chiesa non è la sua unità, che rimane intatta, ma gli uomini che si separano tra di loro, e ciò è dovuto all’egoismo, e in definitiva al peccato che li separa da Dio. Il noto insegnamento di Doroteo di Gaza mostra bene che quanto più gli uomini sono vicini a Dio, tanto più sono vicini gli uni agli altri, e quanto più sono lontani da Dio, tanto più sono lontani gli uni dagli altri. L’esempio che fornisce per spiegare una tale affermazione è molto efficace:

Pensate - insegnava ai suoi monaci – a un cerchio. Sui bordi della circonferenza ci sono gli uomini e al centro c’è Dio. Più gli uomini vanno verso il centro, più si incontrano. E più sono lontani dal centro, più sono lontani l’uno dall’altro.

Cosa avvicina i cristiani?

È quindi ovvio che l’unità dei cristiani avverrà solo allorché ci sarà un profondo pentimento tra i cristiani. Solo quando, di fronte all’altro, non si discerne il nemico soltanto perché diverso, ma il fratello, solo allora si può parlare di una vera convivenza fraterna tra gli esseri umani, condizione per l’esistenza dell’unità tra i cristiani. Le differenze dogmatiche vengono spesso drammatizzate da certi circoli, gonfiate e moltiplicate semplicemente per giustificare il loro fanatismo, fondamentalismo e incapacità di capire l’altro.

Allora la risposta alla domanda: “L’unità dei cristiani si può realizzare effettivamente?”, potrebbe essere: i cristiani ricomincino a incontrare il vero volto di Dio Padre, a sentirsi veramente figli di Dio fra loro, a purificare il proprio cuore dall’egoismo e dall’arroganza che danno loro l’illusione di essere i soli a possedere la verità e tutta la verità, mentre tutti gli altri sono immersi nell’errore. Quando amiamo con quell’amore autentico che viene da Dio, allora troveremo un modo per chiarire anche i problemi teologici.

Cosa dobbiamo fare in questo momento?

Finché non arriviamo a quel momento benedetto, possiamo e dobbiamo sforzarci di capirci, riconoscendo i valori delle nostre tradizioni. Lo scopo del dialogo teologico non è di “firmare” l'unione delle chiese, poiché questa, come si è accennato, è un dono di Dio. Del resto, ecclesiologicamente, solo un concilio ecumenico comune potrebbe realizzare una cosa del genere. Lo scopo del dialogo è piuttosto di studiare le nostre differenze dal punto di vista biblico, patristico e teologico, di comprendere le cause storiche che le hanno causate e analizzarne la portata, ma anche di capire, sulla base della rivelazione di Dio, come un tale avvicinamento sia possibile.

Certo, se purtroppo si scopre che un tale avvicinamento non è ancora maturo, dobbiamo umilmente ammettere che, per adesso, queste differenze restano incolmabili e attendere con la preghiera e la conversione del cuore il momento in cui sarà possibile riprendere il dialogo fraterno, almeno per quanto riguarda le nostre differenze dogmatiche. Nel frattempo, dobbiamo riconoscere con coraggio e sincerità quegli elementi che ci uniscono, che sono più di ciò che ci separa, per metterli in evidenza, e su di essi fondarci, nel rispetto reciproco. Del resto, il rispetto reciproco, al di là della necessità cristiana, è una questione di cultura e di umanità.

+ Ioannis Spiteris
Arcivescovo emerito di Kerkyra (Corfù)

Articolo pubblicato sul sito del Monastero di Bose nel 2020.

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