“La mafia ha paura di gente così. Pino Puglisi. Credere significa dare la vita”.
È il titolo dell’appuntamento organizzato in occasione del 30° anniversario dell’uccisione di don Pino Puglisi, evento che avrà luogo giovedì 18 maggio alle ore 18:15-19:15, nella Sala Blu, PAD 2.
Insieme a Corrado Lorefice, vescovo di Palermo, saranno presenti Domenico Agasso e Giuseppe Pignatone.
Gli eventi del Salone del libro proposti da UELCI (Unione editori librai cattolici italiani) e dall’Arcidiocesi di Torino desiderano far conoscere la testimonianza umana e cristiana di alcune figure, che hanno incarnato, ciascuno a proprio modo, il cammino proposto dal Vangelo.
Don Pino Puglisi è una di queste. Il suo ultimo sguardo fu un sorriso a chi lo ammazzava: il suo impegno con i giovani era un gesto antimafia molto forte, che la malavita non tollerava. Così lo uccise, ma non lo cancellò.
Attraverso le pagine dei nostri libri...
Diamo voce al nostro autore Emanuele Borsotti, che nel suo libro Una gioia provata. Il cammino delle beatitudini affronta il tema della giustizia, l’essere perseguitati “a causa della giustizia”, così com’è stato per Pino Puglisi, la cui testimonianza ci scuote.
“Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa e grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti” (Lc 6,22-23).
Il tema della giustizia viene ad assumere una connotazione vasta, universale, che abbraccia tutti quei giusti che sono osteggiati, emarginati, isolati, umiliati, condannati al silenzio e messi a morte. È la sorte che tocca ai profeti, ai testimoni della giustizia, a quanti rifuggono complicità, connivenze, privilegi, preferendo le parole scomode della verità ai discorsi falsi e melliflui di chi vuole carezzare l’orecchio e compiacere i potenti.
“Il modo di essere della profezia nella storia è il fallimento, la cui cifra per eccellenza è la croce di Gesù Cristo. Mentre nel codice razionale della storia il fallimento è una sconfitta, nel codice della profezia è una vittoria: la croce è Pasqua”
(E. Balducci, Francesco d’Assisi).
Beati quanti subiscono la persecuzione a causa della giustizia, cioè dell’adesione al vangelo di Cristo, al suo annuncio di quell’amore che è “pienezza della legge” (Rm 13,10). La vera giustizia, infatti, quella per la quale si può soffrire sino a perdere la vita, supera l’osservanza del dettato letterale della norma e l’applicazione formale della legge; e tale superamento è mosso dall’amore (e insieme finalizzato all’amore) per il Dio invisibile e per il prossimo visibile. Allora propter iustitiam significherà, alla sequela di Cristo, “a causa dell’amore”, cioè “a causa della misericordia”, come il Signore aveva chiesto per bocca del suo profeta: “Praticate una giustizia vera: abbiate amore e misericordia ciascuno verso il suo prossimo” (Zc 7,9).
La giustizia dei giusti turba il sonno di quei funzionari della giustizia che si credono giusti ... Meglio mettere a tacere il giusto, e toglierselo dalla vista:
“Perisce il giusto, nessuno ci bada.
I pii sono tolti di mezzo, nessuno ci fa caso.
Il giusto è tolto di mezzo a causa del male” (Is 57,1).
L’insulto, la persecuzione e la maldicenza a causa di Cristo costituiscono il sigillo paradossale dell’appartenenza alla verità di Cristo, perché “se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi” (Gv 15,20). Ecco la chiesa della croce, che “prosegue il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio” (Agostino di Ippona, La citta di Dio), fra incomprensioni e sconfitte, opposizioni e insuccessi. Quale luogo resta ancora, in questo mondo, per una comunità del genere? A questa domanda Bonhoeffer rispondeva:
“È risultato chiaro che per essa c’è solo un luogo, cioè quello dove possiamo trovare il più povero, il più contestato, il più mite di tutti: la croce sul Golgota. La comunità di coloro che sono detti beati è la comunità del crocifisso. Con lui essa ha perduto tutto e con lui ha trovato tutto” (D. Bonhoeffer, Sequela).