L’autore mette a frutto la sua lunga esperienza di partecipazione alla vita pastorale e di attento lettore dei “piani pastorali” elaborati dal concilio Vaticano II in poi. Le conclusioni a cui perviene non sono entusiasmanti; tali piani sembrano caratterizzati da “un macchinismo parecchio artificiale”, per tre motivi: l’opposizione tra teoria e prassi, le supplenze al Pastore unico, la trascuratezza o le manipolazioni della profezia spirituale.